martedì 3 febbraio 2015

Racconto breve di una giornata storta riparata da un ombrello rotto

Era una si quelle giornate brutte, fredde, ventose e piovose. Era una di quelle giornate in cui "tolgo sto cazz d'ombrello dalla borsa che mi spacca la cervicale e poi c'è il sole". Una di quelle giornate in cui esci dal lavoro e diluvia e tu l'ombrello non ce l'hai. Allora decidi di sfidare la sorte e attendere che spiova un po' prima di dirigerti alla fermata del 341 sperando che nei trecento metri che ti separano da lei non (ri)scenda l'ira di Dio che litiga con Eolo e Zeus che sta li a tirar saette giusto per il gusto di stuzzicarli. Ma la speranza è vana e tu, giunta in loco, becchi tutto ciò che la collera temporalesca può offrirti. Rassegnata e con le maledizioni in aramaico in modalità "loop on", attendi che la latitanza dei tre numeri su sei ruote si dilegui e, per ammazzare il tempo, resti immobile sotto le secchiate d'acqua pungenti e ghiacciate. Ti guardi intorno e ti accorgi di essere by yourself but not alone in quella situazione decisamente fecale e proprio quando le lacrime di rabbia e disperazione vincono sugli sproloqui vaneggianti, ecco che una vecchina ( oh ma brutta veramente povera donnina, tipo la gattara dei Simpson innestata con Donatella Versace struccata) ti si affianca armata di ombrello rotto e malandato e ti fa "signorì, se metta qui sotto che sennò se pia 'n malanno". Superate la sincope seguita dalla riflessione su quanto una lingua possa cambiare dimensione e modo di muoversi durante il parlato quando i denti scarseggiano (gliene erano rimasti 4), accetti di buon piacere di dividere il riparo con la donna più buona che potevi incontrare in quel momento. Una donna che si scusa per le condizioni penose del suo ombrello e che decide di dividere il suo sgangherato riparo con te: una sconosciuta. Una tra tanti. Improvvisamente l'aramaico torna ad essere una lingua morta e sei felice di conversare, nonostante il diluvio e le divinità in conflitto, con una persona mai vista prima e che d'improvviso, in fondo, non ti sembra neanche così bruttina. Poi arriva il suo autobus e tu ti prepari a riaccogliere la bufera insieme a tutti i tuoi già intrisi abiti e lì il miracolo. L'altruismo. L'essere gentile. La vecchina torna indietro e ti cede il suo ombrello, scusandosi nuovamente del suo stato malandato. E se ne va, salendo sul bus e lasciandoti lì, al riparo migliore che potessi sperare, a guardarla indaffarata dietro i vetri appanati senza pensare a quello che ha appena fatto: ridarti un pizzico di fiducia nel genere umano. Di conseguenza i tuoi abiti zuppi, i tuoi inalberamenti e le tue mani ghiacciate passano in secondo piano e quel rudere di ombrello, che prorio era completamente storto, non riesci a buttarlo, come se fosse un testimone in una maratona che non finisce mai.

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