venerdì 11 maggio 2012

Melancolia

"La Melancolia costituisce l'inizio della Mania e ne è parte integrante [...] Lo sviluppo della Mania rappresenta un peggioramento della Malinconia piuttosto che al passaggio di una patologia differente."
Areteo di Cappadocia.



Bipolarismo. In sostanza di questo si parla già dai tempi di Nerone. Io, da medico di me stessa e grazie all’illuminante intervento di una cugina acquisita, ho deciso che, infondo infondo, un po’ ne sono affetta. Da sempre. Da bambina ad esempio giocavo all’aria aperta e vestivo barbie, ma solo se non non avevo storie da inventare, scriverle in un diario segreto senza lucchetto (perche avevo perso la chiave), cantarle sulle note di filastrocche elementari e disegnarne i personaggi. Immaginazione. Correvo, ovvio, ma al solo scopo di prendere il volo, un giorno. La mia bici era il mio pony, la mia stanza era il mio castello e al mare (un classico) ero una sirena che salvava un cretino di umano che affogava (ma col cacchio che volevo diventare umana!). C’è stato un periodo (breve) in cui avevo deciso che come animale domestico avrei avuto una lumaca. Le avevo costruito una casetta e dato da mangiare i ciclamini di mia madre. Avevo 4 anni (e 5 dita di mia madre stampate sul sedere). Fissavo le persone e mi chiedevo come potesse essere la loro vita, se magari sapessero come farsi ascoltare da una lumaca addomesticata o come mai nonostante avessero le gambe piu lunghe delle mie non riuscissero a camminare solo sulle strisce bianche attraversando la strada. Avevo continuamente spunti per le mie storie, sono figlia di parrucchiera, e a 5 anni riuscivo a leggere e scrivere il mio nome e a capire perché CASA  e SOLE si scrivevano cosi. Alle elementari ero sempre distratta e benché il mio corpo fosse in aula bastava un niente per dare spunto ai miei “raccontini” e li appuntavo mentre la maestra spiegava le divisioni (ecco spiegati i debiti in algebra al liceo). Il primo libro –vero- che ho letto è stato “piccole donne” ovviamente la mia eroina era Jo “Ma –pensavo- non mi sarei mai tagliata i capelli, piuttosto avrei venduto il divano!” Il mio primo alter ego si chiamava Veronica da grande avrebbe fatto la Heather Parisi e avrebbe scritto un libro come “piccole donne”. Poi sono passata alle scuole medie. Odiavo con tutta me stessa le scuole medie: avevo un pessimo rendimento, prendevo note e ho rischiato ogni anno la bocciatura. Quando mi sentivo sopraffare dalla routine degli impreparati e delle tette che non crecevano (sarebbero esplose secoli dopo) andavo in stand-by e diventavo Sarah che da grande avrebbe fatto la parrucchiera a Parigi e avrebbe scritto un libro come “La lettera scarlatta”. Finita la tortura mi si è aperto un universo: il liceo. A quei tempi i miei alter ego si accavallavano. Volevo essere come Meril Streep e scrivere un libro come “la casa degli spiriti”, essere un’ostetrica e scrivere un libro come “lettera a un bambino mai nato”,  ma sarebbe andato bene lo stesso essere come il mio prof di lettere e scrivere un libro come “cime tempestose”, o “il giovane Holden”, o “il signore degli anelli” o forse “lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” o “il modo di Sofia”.. insomma ero ogni volta una persona diversa o forse ero la stessa persona con diverse connotazioni o semplicemente ero un’adolescente. La storia si infittisce con l’avvento dell’era universitaria… li si che ho dato sfogo all’immaginazione. Altro che bipolarismo! Ma questa è un'altra storia.
Tutto ciò serve a dimostrazione che sono sempre stata un soggetto malinconico e con una sola mania: scrivere. La mia malinconia è scaturita dal fatto che io non abbia mai saputo partorire idee degne di tale denominazione, né tantomeno sono mai stata capace di arricchire con particolari significativi piuttosto che intriganti quelle che mi venivano date in dotazione da Gino (il mio cervello). Da qui il circolo vizioso che mi porto dietro da sempre;  vorrei ma non posso, mi piacerebbe ma non ci riesco, quando ho un pensiero mi sembra il piu sensato del mondo ma poi quando lo trascrivo perde inevitabilmente di significato… e via discorrendo.  Ho provato coi giornali locali ma è andata male, ci sto provando col blog ma va peggio. Il fatto è che non riesco ad arrendermi all’idea che questa non sia la mia strada e che forse dovrei semplicemente tenermi la mia vita così com’è… Cacchio però, come glielo spiego alle varie me che si vedevano proiettate in futuri pregni di parole che le ho deluse? Che non sono stata in grado di realizzare il nostro sogno? Non lo so fare. Non lo posso fare. La malinconia mi aiuta a non abbandonare la mia mania, paradossalmente dovrei ringraziarla e smetterla di piangermi addosso, se non l’avessi non avrei nulla di raccontare, neanche le mie depressioni…
Nel frattempo vivo e cerco di non farmi sopraffare dalla sociopatia latente covata da anni di lavoro a contatto col pubblico, mi compiaccio di ciò che ho e tento di accontentare, almeno per quel che posso, le piccole me.

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